Romanzi A proposito di mia figlia딸에 대하여

Kim Hye-jin   |   김혜진

본문

  • Titolo
    A proposito di mia figlia
  • Autore
    Kim Hye-jin
  • Traduttore
    Lia Iovenitti
  • Casa Editrice
    Mondadori
  • Anno di pubblicazione
    2022
  • Genere
    Romanzi
In una torrida estate, nel cuore di Seoul, una madre vede ritornare a casa la figlia trentenne: da anni ormai il loro rapporto si riduce a una cena settimanale dove, dietro ciotole fumanti di udon, si nasconde un’infinità di cose non dette. La madre, vedova e infermiera, conduce una vita modesta, accompagnata dal terrore della vecchiaia, di cui Jen, una donna malata di Alzheimer presso la casa di riposo dove lavora, è simbolo e vittima al tempo stesso. La figlia, invece, si presenta in casa con la sua compagna e una carriera universitaria bruscamente interrotta a causa del suo coinvolgimento nella difesa di due colleghe omosessuali discriminate all’interno del campus. Sua madre è completamente impreparata ad accoglierle, schiacciata tra l’immagine di famiglia tradizionale a cui ha dedicato l’intera esistenza e gli ideali per cui lotta la figlia, in nome di un cambiamento necessario ma per lei impossibile da accettare.Un muro di incomprensione, rabbia e freddezza le circonda, entrambe vittime di pregiudizi di una società che teme chi è diverso, chi lotta per migliorare le cose.Dopo Han Kang e Cho Nam-joo, la nuova scoperta letteraria della Corea del Sud, Kim Hye-jin, scandaglia con immensa sensibilità le inquietudini di una generazione che si oppone ostinatamente all’autodeterminazione dei figli, mostrando lo scontro tra due visioni del mondo in apparenza inconciliabili. Una storia che insegna la forza dell’empatia, la complessa accettazione della diversità, la possibilità di un’altra idea di famiglia. Un romanzo che si confronta con le nostre paure più universali offrendo come antidoto la forza dell’amore in tutte le sue forme e sfumature.

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Martinez님의 댓글

Melissa 작성일

Ho letto A proposito di mia figlia l’anno scorso e mi è piaciuto moltissimo. Kim Hye-jin ci porta nel cuore di Seoul durante una torrida estate, raccontando con straordinaria sensibilità il complesso rapporto tra madre e figlia. La madre, vedova e infermiera, conduce una vita modesta segnata dalla paura della vecchiaia, mentre la figlia trentenne torna a casa con la sua compagna e una carriera interrotta, portando con sé ideali e battaglie che sfidano le convenzioni familiari e sociali.

Ciò che rende questo romanzo davvero unico è la capacità dell’autrice di intrecciare la vita quotidiana con temi universali come l’amore, la diversità, la lotta per l’autodeterminazione e i pregiudizi della società. Ogni scena – anche la più semplice, come una cena di udon – diventa un piccolo universo di emozioni e silenzi, svelando la fragilità, le paure e l’incomprensione tra due generazioni apparentemente inconciliabili.

Il libro non è solo una storia familiare: è una riflessione profonda sull’empatia, sulla possibilità di accettare l’altro e sulla forza dei legami affettivi. Una lettura intensa e indimenticabile, capace di scuotere il cuore e la mente, e di far guardare alla famiglia e alle relazioni con occhi nuovi.

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Scaranari님의 댓글

SvevaScaranari 작성일

A proposito di mia figlia è un romanzo emotivamente complesso, che scava con sensibilità nei nodi più profondi dei legami familiari e sociali, esplorando attraverso le crepe del rapporto di una madre e di sua figlia anche quelle della società coreana. Kim Hye-jin costruisce un testo che indaga su diversi nuclei tematici: il rapporto madre–figlia, lo scontro intergenerazionale, il tabù che ancora oggi rappresenta l’omosessualità nella Corea del Sud, e il tema universale della vecchiaia, della dignità e della compassione.
Green, figlia della voce narrante, è una giovane professoressa universitaria le cui scelte mettono in crisi tutte le certezze e le credenze della madre. Non ha compiuto il “classico” arco di vita atteso nella società coreana (studiare, laurearsi, ottenere un lavoro stabile e contribuire economicamente al benessere dei genitori) ma è una delle tante precarie del sistema accademico, una sorta di “lettrice ambulante”. Ciò che più sconvolge la madre, però, non è solo la precarietà economica della figlia, bensì il fatto che Green sia innamorata di una donna, Rain, e che le due si vedano costrette a convivere proprio sotto il suo tetto, incrinando il fragile equilibrio domestico.
La crisi raggiunge il culmine quando la madre scopre che Green è coinvolta nelle proteste contro il licenziamento di due colleghe universitarie discriminate per il loro orientamento sessuale, lo stesso motivo per cui anche la sua carriera è stata compromessa. La convivenza forzata porta a galla una verità che la madre non riesce (o non vuole) accettare: sua figlia non è “normale”. Eppure, a Green le proprie scelte non fanno paura, tanto meno si reputa “diversa”. Non si sente turbata né colpevole: continua a protestare con tenacia, non solo in difesa delle sue colleghe, ma anche per affermare i propri diritti e la propria dignità.
Da qui si apre la riflessione di Kim Hye-jin sul conflitto tra due generazioni e tra madre e figlia, tra una tradizione che difende l’idea di famiglia eterosessuale come unica forma legittima di amore, e una nuova generazione che reclama libertà, diritti e autenticità affettiva. Il tormento della madre esplode in rabbia e frustrazione, perché “[Green e Rain] non si vergognano della loro ignoranza, sono anzi incapaci di domandarsi chi si deve vergognare”.
Parallelamente, la madre lavora in una casa di riposo, dove si prende cura dell’anziana Jen, affetta da Alzheimer. Jen, un tempo impegnata nella difesa dei diritti dei bambini immigrati, aveva dedicato la sua vita agli altri senza costruire una famiglia propria. Attraverso questa figura, Kim Hye-jin costruisce una storia speculare e parallela a quella che vive con sua figlia e la sua partner: la madre si rifugia nella casa di riposo per sfuggire alla realtà domestica e, nella relazione con Jen, inizia un lento percorso di comprensione.
Inizialmente non riesce a concepire come una donna straordinaria come Jen, capace di studiare, viaggiare e sostenere bambini lontani, possa essere dimenticata da tutti, anche da Dipat, ragazzo di origine filippina di cui diventa tutore legale senza che questo l’abbia mai nemmeno vista. Tuttavia, proprio prendendosi cura di lei, una donna “scartata” perché non più utile, la madre riscopre il valore dell’amore come rispetto e dignità delle scelte altrui. Quando fa portare Jen, ormai in fin di vita, a casa sua, sebbene sia fondamentalmente una sconosciuta, si consuma una tregua momentanea: le quattro donne, diverse per età e destino, vivono insieme un tempo sospeso, privo di giudizio. È un gesto di cura collettiva, una solidarietà femminile che trascende le differenze per un brevissimo lasso di tempo.
Kim Hye-jin racconta una società profondamente ancorata alla tradizione, ma in cui il cambiamento per quanto lento e doloroso è inevitabile. Per la madre, quel cambiamento prende il volto della propria figlia, “anormale” ai suoi occhi, ma portatrice di una rivoluzione morale e culturale che nasce nel luogo più intimo: il focolare domestico. Si tratta, infatti, di un romanzo che definirei proprio “domestico”: la vita quotidiana di una famiglia che riflette le tensioni invisibili e silenziose di un’intera società. La paura del giudizio, il desiderio di accettazione, la fatica di cambiare e soprattutto di capire, attraversano ogni pagina. È una rivoluzione dei modelli, totale e spaventosa per una madre che, in nome dell’amore genitoriale, vorrebbe solo che la figlia ripetesse ciò che tutti gli altri fanno.
La dimensione del silenzio diventa lo spazio in cui il lettore percepisce le briciole del cambiamento interiore della madre: una figura ambigua, stratificata, colma di amore e di rabbia. Una donna che, pur non comprendendo, alla fine, pensa che “C’è una parte di me che vorrebbe comprendere ogni cosa. E un’altra parte di me che resta a guardare da lontana” e forse in questo sforzo silenzioso, risiede la forma più pura di empatia. Con tolleranza sofferta, c’è una flebile apertura verso la “situazione” di Green. A proposito di mia figlia non è un libro che condanna o che offre soluzioni; non dipinge la mamma come un mostro, tanto meno glorifica Green. La sua è una conclusione che suggerisce che l’amore autentico non impone, ma rispetta. E che per amore, si cambia, o per lo meno, ci si prova.

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Alviani님의 댓글

Federical12 작성일

L’onnipresente elemento tragico che troviamo tra la maggior parte dei rapporti madre e figlia, l’impossibilità di tradurre l’amore che si prova in un linguaggio comprensibile all’altra persona, l’essere specchio una dell’altra senza però riuscire mai a rivedersi del tutto: questo è quello che si trova in questo libro.
È la storia di una madre e della propria figlia, il loro rapporto da sempre danzerino intorno l’elefante nella stanza: la figlia trentenne è una ragazza lesbica e la madre non riesce nemmeno a comprendere l’esistenza di “questa cosa”. Quando per motivi economici, la giovane ragazza è costretta a tornare a vivere dalla madre ormai anziana, porta con se la sua compagna di quasi un decennio e questo va a scontrarsi in modo aperto e impossibile da ignorare con tutte le aspettative e convinzioni assodate della madre: la donna sperava che la figlia avesse nel tempo superato questo “sbandamento” per decidere finalmente di trovare marito, mettere su famiglia e magari trovare un lavoro con un buon stipendio. Invece si ritrova davanti la realtà dei fatti: la giovane è innamorata di una donna e, dal suo punto di vista, questo porterà vergogna a se stessa e alla sua famiglia. Le convinzioni di un’anziana madre, della “vecchia generazione”, che ben si fondono con i punti di vista della società coreana, si trovano costantemente faccia a faccia con qualcosa che viene definito “incomprensibile”, in realtà si tratta di un vero e proprio rifiuto di provare a comprendere, per gran parte del libro, e ad accettare. La tragedia sta nel fatto che ogni parola, azione della madre è dettata dall’amore per la propria figlia, nonostante in realtà vada a ferirla e a incrinare sempre di più il rapporto tra le due.
Un altro elemento fondamentale nel libro sono le discriminazioni sul posto di lavoro basate sull’orientamento sessuale: la figlia della donna si batte affinché sia fatta giustizia per colleghi ingiustamente licenziati. Questo per la madre è un comportamento quasi stupido, senza senso: perché lottare e mettersi a rischio per qualcun altro?
Ma allo stesso tempo lei fa lo stesso, si batte e lotta contro le “sue” ingiustizie, quelle che ritiene degne di essere combattute: senza rendersene conto e senza mai realizzarlo, sono uguali. L’unica cosa che le divide è questo muro che la madre ha innalzato per proteggere la figlia, ma che finisce per separarle.
Non si può dare una valutazione su scala numerica a questo libro, è una storia che va oltre il piacere o meno della lettura.
Una lettura commovente e profonda, che mette bene in luce la realtà della comunità lgbtq+ in Corea del Sud e allo stesso tempo dell’incomunicabilità tra generazioni che si può ritrovare ovunque.