"Il regalo delle fate formiche" è un libro che incanta per la sua delicatezza e per le emozioni che riesce a evocare. È un racconto fatto di rimpianti e speranze, di ciò che è stato e di ciò che non è potuto essere. Le sue pagine sono pennellate leggere, capaci di esaltare con eleganza la cultura e l’abbigliamento coreano.
L’armonia dei colori e lo sfondo avorio trasportano il lettore in un mondo sospeso tra realtà e sogno, dove la bellezza visiva si intreccia a un profondo messaggio emotivo.
Leggendo questo libro, ho avvertito una nostalgia per un tempo che non esiste più. Un tempo in cui la vita era frenetica, piena di responsabilità e dominata dalle paure quotidiane che anche oggi ci sovrastano, ci allontanano da ciò che conta davvero. Il tempo scorre, e i momenti perduti non tornano; eppure, tra sensi di colpa e paure, spesso dimentichiamo che il presente è ancora qui, pronto a essere vissuto.
Non è mai troppo tardi per dire “ti voglio bene”. È proprio questo il cuore del libro: la madre e la figlia desiderano tornare a un passato ormai lontano, dimenticando che c’è ancora un presente da scoprire. La figura del nipote assume così un ruolo fondamentale — è lui a percepire le loro ferite e a intercedere con “le fate” per aiutarle a ritrovare la pace.
Forse, a volte, basta solo qualcuno che ci ricordi che non serve tornare indietro per dire ciò che non è stato detto. Possiamo farlo in qualunque momento, perché ogni istante può essere quello giusto per amare, perdonare e ricominciare.